Vasco Montecchi

Località:

42031 Baiso

Descrizione:

Vasco Montecchi è uno scultore di fama internazionale.
Nato il 23 Marzo 1938 al Castagneto di Baiso Re, nelle terre matildiche reggiane, dove ha trascorso la sua infanzia e dove ha conservato la casa, trasformandola in un Museo.
Nella povertà estrema di quegli anni infantili, del resto poi sconvolti dallo scoppio della seconda guerra mondiale, dalle incursioni aeree e dalle lotte partigiane, Vasco, con gli altri bambini aveva ben pochi giochi, ma con loro amava modellare la creta che si trovava al “Tursel”, una specie di piazzetta nel punto più alto del borgo ed abituale luogo di incontro dei residenti. Con la creta si costruivano le cose più diverse dalle palline, ai carri, ai trattori, ai camion, agli animali. Nei calanchi si andava a cercare sassi luminosi e dalle forme particolari e nella cava a vedere lavorare la pietra.
Lo stesso Vasco Montecchi, nel 2012, ha rievocato questo mondo in un bel libro, che conserva la freschezza dell’infanzia, intitolato “Il Castagneto visto da un bambino dal 1941 al 1953”, illustrato in un senso corale con le fotografie di coloro che allora vivevano nel borgo.
Nel Dopoguerra, costretto dalle difficoltà economiche, emigrò molto giovane in Francia. Lavorò come carpentiere a Zurigo e in Andorra e poi ancora a Bordeaux e Strasburgo e nelle pause del faticoso lavoro coltivava il suo urgente desiderio di creatività. Nei momenti di riposo, iniziò a disegnare con gessi colorati su pannelli per la preparazione dei soffitti delle cantine, ma, per esigenze di lavoro, seguì poi un lungo periodo di silenzio. Riprende a disegnare e dipingere nella seconda metà degli anni sessanta. Ma fu solo molto più tardi che poté riprendere quel discorso interrotto con le esigenze più intime del suo spirito.
Lo scrittore Ermanno Cavazzoni, che fu il primo a presentare Vasco artista, così ha riassunto il suo percorso pittorico: “Queste esperienze iniziarono circa nel ’63, allora non se la sentiva di uscire con il cavalletto, perché il suo dipingere era troppo intimo, quasi un diario segreto, confidenze e sensazioni trasmesse alla tela, e fermate qui con un linguaggio particolare… Successivamente, fin verso il ’67, abbiamo una pausa, in cui i quadri sono rari, e comunque simili, come genere, ai primi. Solo dopo il ’68 riprende l’attività, e questa volta in una nuova direzione, ora Montecchi sente l’esigenza del paesaggio ed esce nella campagna, nella collina a ritrarre la natura… Ora l’impronta dell’autore si fa sentire più spiccatamente e questi quadri ultimi del ’70 sono più filtrati: il paesaggio non viene più copiato, ma in una certa misura interpretato…”.
Questa sintesi mirabile ci accompagna alla prima mostra personale di Vasco a Scandiano nel 1970. Ma poi, ancora in pittura compaiono i volti degli “eroi senza gloria” della sua giovinezza, dei compagni di strada negli anni di Castagneto e nell’avventura dell’emigrazione, in una eterna quotidianità di povertà, ma anche di dignità e coraggio nella lotta per la vita, nel sogno di un riscatto. Disegni colorati essenziali, ombre di anime spesso monocrome, ma che hanno l’intensità di una foto sbiadita dal tempo.
L’incontro con il pittore e scultore Luigi Ferretti (Casalgrande, RE, 1924-2014), che suggerì a Vasco di dedicarsi alla scultura (‘Perché non fai scultura, non vedi che nei tuoi dipinti c’è la scultura?), rivelandogli la sua nascosta vocazione, porta un profondo e radicale mutamento, per cui l’artista deve ripartire, ancora una volta come autodidatta, per impadronirsi di un linguaggio artistico ancora più complesso, ancora più severo e rigoroso di quello dei pennelli.
Montecchi ritorna idealmente a Castagneto, non solo per ritrovarsi ora i volti di un popolo di anime penetrate nei suoi ricordi, ma per la riscoperta della creta, dell’argilla morbida e grassa, facile da plasmare da cuocere per renderla permanente. E nascono ritratti, figure dai misurati ma intensamente espressivi gesti studiati per il lavoro, la fatica e l’emigrazione. Ritorna quel popolo di diseredati: arcaico, teso, asciutto e fuori dal tempo - in alcuni casi - arrivando ad apparire partecipi di antiche scomparse civiltà. E, da autodidatta, Vasco esperimenta con la libertà dello scopritore altre tecniche ed altri materiali: dal legno al bronzo, al cemento per arrivare alla scultura in pietra, sostanza che ancora una volta lo riconcilia con la cava di Castagneto, con la giovinezza, in un continuo viaggio di ritorno attraverso la memoria, attraverso un ricollegarsi alla giovinezza.
Ed il primo sapere della mano di uno scultore è relativo alla materia: lo stupore di scoprirla e riscoprirla, ammirare il suo essere bloccata, millenaria amalgama di colori e impasti che il tempo e pressioni indicibili hanno reso trasparenti e accarezzarla. Non poteva non essere così anche per Vasco Montecchi naturalmente scultore: non poteva non incontrare il marmo: il piacere e la fatica di piegarlo ad un’idea, ad un progetto. Nel 1980 approda nel laboratorio di Luigi Corsanini, atelier all’Avenza di Carrara. Scopre così nel marmo la sua materia d’elezione. Inizia una carriera di successi che lo porteranno ad esporre in diversi paesi dalla Spagna al Belgio, alla Repubblica Ceca e al Giappone. I suoi temi tra figura ed astrazione sono quelli della fratellanza tra i popoli, della pace tra gli uomini, della libertà, ma anche della natura, del mondo animale e vegetale, con opere sempre leggibili, pur nella eleganza e nella ricerca di sottili equilibri tra le forme definiti in ogni opera realizzata sempre con iconografia originale.
Vasco ama molto, proprio per il carattere sociale e di solidarietà con la comunità che vive intensamente, organizzare e partecipare a simposi di scultura, che, alla fine lasciano in un paese, in un comune opere di artisti internazionali, con i quali è in rapporto di amicizia e di condivisione di scelte estetiche. Egli stesso è organizzatore culturale e sollecita iniziative ed eventi per il suo forte senso civile e per il desiderio di coinvolgere più persone nel godimento dell’arte.
Con un occhio ai giovani e ai principianti Vasco Montecchi dal 1996 al 2009 ha diretto la Scuola di Scultura su pietra di Canossa, nata nel 1991, con l’intento di promuovere la scultura e proseguire l’antica tradizione locale, sin dall’epoca matildica tra arte ed artigianato, di lavorazione della pietra. Nel 2009 si costituisce l’Associazione Canossa Stone, affiliata ARCI, diretta da un gruppo di giovani scultori, ai quali comunque non manca, quando è necessario, l’ausilio del maestro Montecchi.
Quasi quaranta le mostre personali in sedi nazionali ed internazionali tra cui la Pinacoteca Nazionale di Monaco di Baviera (1976), i Chiostri di San Domenico di Reggio Emilia (1992), il Maschio Angioino di Napoli (1993) il Parlamento Europeo di Strasburgo (1998), la Galleria Comunale di Arte moderna di Piombino (2003). Nel 2007 ha realizzato in contemporanea tre mostre che documentavano l’intera sua attività, nella provincia reggiana, partendo dalla montagna e scendendo a valle, sempre ovviamente in prestigiosi spazi pubblici: a Baiso, nella casa che fu di Giovan Battista Toschi, storico dell’arte che lasciò al comune il proprio patrimonio e la biblioteca, la sezione “I volti di pietra”, nella Rocca dei Boiardo di Scandiano “I giganti della memoria” e nel Palazzo Bentivoglio di Gualtieri “Il fiore e la colomba”, con un catalogo di quasi 350 pagine che documenta in modo completo la vita e l’opera dell’artista, intitolato “Vasco Montecchi scultore in antologica”. Nel 2009 una grande mostra fu organizzata dalla Regione Emilia Romagna negli spazi del complesso dei grattacieli realizzati da Kenzō Tange (Osaka, 1913-Tokyo, 2005) nel quartiere fieristico di Bologna sede anche della Regione. Il monumentale “il Silenzio” di Vasco, oltre sei metri di altezza, ai piedi della torre di Tange costituiva una sorprendente visione di arte e di forme che colloquiavano tra loro.
Ha inoltre partecipato a più di novanta esposizioni collettive in Italia, Francia, Belgio, Spagna, Danimarca, ex Jugoslavia, Giappone, Repubblica Ceca.
Nel 1999, nell’ambito della X edizione di “Etruria arte” a Venturina (LI) vince il concorso artistico internazionale per realizzare un importante monumento in marmo bianco di Carrara sul tema “La pace, la santità e l’apertura del III millennio”, collocato nella città di Piombino (LI) che l’8 ottobre 2000 viene inaugurato dal Presidente della Repubblica Italiana Carlo Azeglio Ciampi. Soltanto un mese dopo una sua importante opera di marmo dal titolo “Forma” è inaugurata negli ambienti del Parlamento Europeo di Bruxelles.
Ovviamente molti sono i monumenti celebrativi collocati in piazze e luoghi, anche sacri, appositamente commissionati all’artista.
Dal 2010 inizia il percorso complesso e articolato del “ritorno a Castagneto di Baiso”. In quell’anno muore la moglie Renza Beggi, nata nel 1942, che aveva dedicato la vita a sostenere gli ideali artistici del marito.
Spesso Vasco è tornato al borgo natio con il ricordo a camminare tra le case di sasso, le torri colombaie e i giardini strappati all’agricoltura essenziali e teneri, sui ciottoli delle poche vie che sempre portano ai monti, ritrovando i volti di coloro che aveva conosciuto. Questa volta lo fa concretamente, oltre l’immaginazione, elaborando un progetto che recuperando il rudere della casa di famiglia della sua infanzia restituisca dignità e vita alla piccola frazione. Non si tratta di una operazione individuale, ma come sempre, per il carattere e la natura dell’artista, di un progetto che deve coinvolgere l’intero borgo, con iniziative, feste, ritorni e richiami. Così per prima cosa le strade, le case, i muri di pietra si popolano di sculture di Vasco, opere di quarant’anni di lavoro dal 1975 al 2014, che parlano le lingue, declinano i dialetti di tanti materiali diversi: la terracotta, l’arenaria, il marmo bianco di Carrara, il bardiglio, il nocciola toscano, il rosa del Portogallo, il rosso di Francia, la pietra del Nord Africa. Si tratta di un vero e proprio “museo diffuso” o “ecomuseo”.
Un “museo diffuso” è una installazione ambientale rappresentata da un peculiare patrimonio storico artistico e naturalistico caratterizzato da elementi tradizionali. Suo fine è la valorizzazione di un territorio di cui il visitatore riconosce l’unitarietà e la coerenza di significato. I confini di questo museo sono sfumati ed esso trova la sua funzione in attività didattiche e di ricerca che coinvolgono direttamente le istituzioni e gli stessi abitanti del luogo, che nei fatti ne sono i custodi “partecipanti”, ossia essi stessi ne fanno parte. Oltre alle opere – che costituiscono il valore primario – sono proprio il contesto architettonico-ambientale e la stessa comunità a farne parte e ad interagire, riconoscendo in esso la propria identità. Inaugurato sabato 4 ottobre 2014, mentre i lavori di restauro della casa non erano ancora finiti. Un anno dopo il 3 ottobre 2015 si inaugura la Casa Museo Vasco Montecchi, che non è solo un luogo espositivo, ma diventa, per la donazione dell’artista al Comune di Baiso, un vero Centro Civico Culturale, spazio dedicato a mostre e incontri. Una casa dove gli artisti potranno vivere per alcune settimane, in cerca d’ispirazione, tra i boschi e l’incantevole vista del monte Valestra. A gestire il luogo, che da allora è diventato sempre più accogliente, inclusivo e vitale l’associazione “il Castagneto”.
Dopo aver lavorato come emigrante in giro per l’Europa, Montecchi è ritornato nei luoghi simbolo di questa personale odissea, ma con una nuova prospettiva: nel 1998 una sua mostra antologica ha avuto luogo nel Parlamento Europeo di Strasburgo e nel 2000 la sua opera in marmo, “Forma”, è stata esposta ufficialmente negli ambienti del Parlamento Europeo di Bruxelles.


Testo fornito da: Comune di Baiso

Comune:

BAISO
Piazza della Repubblica, 1, 42031 Baiso (RE)
0522 993511, 0522 843980
comune@comune.baiso.re.it
www.comune.baiso.re.it

Ultimo aggiornamento: 12 Agosto 2025